Sinistra Democratica "P. Impastato"Lauro

Sinistra democratica per il Socialismo Europeo è un movimento politico organizzato che si richiama agli ideali del socialismo e alle tradizioni culturali della sinistra che hanno contribuito alla fondazione della Repubblica democratica. L'obiettivo di avviare un ampio processo unitario, che in prospettiva coinvolga tutta la sinistra italiana nella costruzione di una nuova più grande forza politica, costituisce la ragion d'essere del movimento.

domenica 15 febbraio 2009

Comune di Lauro:mobbing e mafia

Il Comune di Lauro è stato condannato per tre volte di seguito al reato di mobbing. Meditate.
Allorquando in un ente pubblico come il Comune di Lauro apparentemente sano, chi detiene le leve decisionali è un gruppo di potere, le regole "tacite" di comportamento, che si instaurano in esso, rispondono spesso a logiche clientelari, che ruotano attorno all'abuso di ufficio e sfociano in atti discriminatori; dette logiche si ispirano, ad una deontologia finalizzata a svuotare di significato concetti quali dignità umana, solidarietà e trasparenza, che rimarranno solo sterili parole.
In tale contesto diventa estremamente facile adottare tutte quelle figure sottili e subdole di violenza psicologica, miranti a distruggere e ad annientare un lavoratore "scomodo" al fine di "addomesticarlo" per piegarlo alla volontà di chi "decide", il quale sa di poter contare sul silenzio omertoso dei colleghi che tacciono o perché conniventi o per paura di possibili analoghe ritorsioni.
Ove è possibile, quindi, avvalersi delle più svariate forme di persecuzione e terrorismo psicologico nei confronti di un essere umano, la vittima prescelta o si piega alle regole "tacite e immorali", fissate da chi effettivamente comanda o è destinata ad essere estromessa solo perché considerata "di pensiero politco differente". La vittima si trova, pertanto, impotente a reagire ai suoi aguzzini.
Il configurarsi di una siffatta situazione nell'ambiente lavorativo, con un termine moderno, viene definito con la parola "mobbing", il quale - secondo i dizionari più aggiornati - è illustrato come " sistematica persecuzione, esercitata sul posto di lavoro da colleghi o superiori nei confronti di un individuo, consistente per lo più in atti quotidiani di emarginazione, demansionamento, minacce di licensiamento, (a qualcuno che mi è vicino fu detto persino di avere le ore contate come direbbe un boss alla sua prossima vittima) e ancora violenza psicologica e sabotaggio professionale".
Mi sorge il sospetto che la parola mobbing sia stata coniata al solo scopo di evitare di etichettare quali comuni delinquenti, tutta la massa di "persone rispettabili" che, abusando del loro potere, distruggono la vita di uno o più lavoratori.
La sofferenza nascente da condizioni di vita disumane, imposte da chi vuole piegare i suoi simili alla propria volontà, è identica sia nel caso di mobbing, che in quello del ricatto nel pagamento del "pizzo".
Trattasi sempre di violenza psicologica, tortura psicologica. Ma il prezzo che paga chi rifiuta di assoggettarsi alla logica mafiosa ossia il dipendente che va controcorrente solo perché non è disponibile a diventare uno "sissignore" non è la morte fisica. Contro di lui saranno utilizzate armi più sofisticate, che non lasciano cadaveri, ma che tendono ad annientarlo interiormente: le armi psicologiche, che mirano alla sua "morte civile"!!!.
Soprusi, prepotenze, violenze psicologiche sono le prime armi della mafia, che sa di poter contare su silenzi omertosi nascenti da complicità o da vigliaccheria: non sarebbe necessario, quindi, il "morto" per incriminare tutti quei delinquenti che hanno scelto un tipo di vita, che prevede l'azzeramento di quella differenza che distingue un uomo da un animale.
Allora quando tali "armi silenziose" vengono usate in un ente pubblico quali il comune di Lauro, mi sembra corretto dire che in questo Comune c'è mafia e mafioso è chi adotta il metodo della violenza psicologica ai danni di un soggetto più debole pur di raggiungere i suoi fini.
Se mafioso è il "picciotto" che si limita a chiedere il pizzo perché previsto dall'organizzazione criminale cui si è integrato, mafioso è anche colui che pone in essere un'azione mobbizzante perché consentita dall'occulto e criminoso sistema che egli stesso ha creato.
Nessuno dei due ha utilizzato una pistola per raggiungere il suo obbiettivo, ma sia il picciotto sia il Sindaco o l’ Assessore al personale di turno hanno contribuito con il loro comportamento al massacro di un essere umano.
Un tempo la parola mafia veniva sussurrata e molti ne disconoscevano la sua stessa esistenza, non capendone il suo significato. Per emergere il fenomeno nella sua drammaticità la storia ha dovuto registrare tante vittime; lo stesso sta avvenendo col fenomeno del mobbing.
Gli studiosi del fenomeno hanno, ormai, ben inquadrato la dinamica e le conseguenze del "calvario" subito da tanti lavoratori, ma, ad oggi, non sono ancora stati individuati gli strumenti legislativi necessari per fare giustizia. Attualmente è previsto solo un indennizzo economico pagato dall' ente o da un' azienda (persona giuridica); ma i veri colpevoli (persone fisiche) non "pagano" per le loro colpe, né economicamente, né penalmente e pertanto, nonostante la sentenza di condanna per mobbing, rimangono liberi di continuare ad adottare nei confronti del dipendente ogni forma di tecnica persecutoria.
Il dipendente mobbizzato riceverà solo dei soldi quale risarcimento di un "passato" distrutto, ma il suo "presente" e il suo "futuro" continueranno ad essere una prosecuzione del suo passato d'inferno!.
Per estirpare questo fenomeno dalla società in cui viviamo non serve la sola prevenzione, poiché qua ci troviamo dinanzi a comportamenti posti in essere da chi si è già venduto la sua coscienza per non dover provare il rimorso di aver contribuito, con la sua azione o il suo silenzio, al massacro di un collega.
E chi tace o è connivente o si sente giustificato dalla paura di ritorsioni. Chi ha messo un bavaglio alla propria coscienza ha dimenticato che ogni regola fissata dagli uomini dovrebbe sempre sottostare all'etica fissata dalla voce della propria "coscienza"; la quale impedisce di calpestare la dignità di un proprio simile e grida dinanzi ad ogni forma di ingiustizia, richiamando l'uomo nel suo percorso naturale di essere umano per distoglierlo da quel sentiero che lo potrebbe portare allo stato di animale.
A giudicare questo Comune ove l'etica della mafiosità impera tramite tutti quei comportamenti che identificano il mobbing, rimanere "uomini" potendo guardare negli occhi chicchessia, senza strisciare al cospetto di nessuno, significa assistere impotenti alla distruzione della propria vita, intendendo per vita quel mondo interiore nel quale ciascuno di noi coltiva i propri desideri, sogni, ambizioni, innaffiandoli di entusiasmo e gioia di vivere, ma che, a seguito del mobbing subito, è diventato un bacino di enormi sofferenze, un grande vuoto che ha trasformato ogni impulso interiore in sete di giustizia.
Ritengo che per fare giustizia, (in presenza di un vuoto legislativo e nell'attesa di una legge ad hoc, che sancisca la perseguibilità penale di tale tipo di reato), la magistratura giudicante, tramite un'interpretazione estensiva delle norme civilistiche, penali e costituzionali già esistenti nel panorama legislativo, potrebbe inquadrare come reato di mafia il c.d. mobbing.
Dare l'auspicata rilevanza penale al mobbing significherebbe etichettare come delinquenti tutti coloro che, nonostante il loro "perbenismo", hanno partecipato al massacro della vittima prescelta. Le conseguenze penali sarebbero da monito per tutti, risveglierebbero molte coscienze assopite; un puntuale e certo intervento di adeguati strumenti di repressione è il migliore strumento di prevenzione in un sistema ove si voglia far funzionare la giustizia. Inquadrando il mobbing come reato di mafia la vittima avrebbe, altresì, la soddisfazione di essere risarcita economicamente dai suoi stessi aguzzini, che si vedrebbero aggredito il proprio patrimonio, ivi compreso stipendio, T.F.R.
Comprovata la sussistenza di una fattispecie di mobbing, il giudice competente dovrebbe automaticamente passare la pratica al Tribunale Penale per l'individuazione di tutti i responsabili. Si tenga presente, infatti, che molte volte la strategia del mobbing è articolata in modo da frammentare le responsabilità su più individui, al fine di non consentire alla vittima di poter perseguire penalmente i vari "mobbers".
Ognuno di loro assume, invero, comportamenti che potrebbero apparire leciti e insignificanti, ma che assumono rilevanza solo se considerati come un tassello di un processo devastante ai danni del mobbizzato, che può emergere solo nell'ambito di un'indagine tesa ad individuare le responsabilità dirette ed indirette di tutti coloro che hanno contribuito al massacro di un essere umano, che voleva semplicemente lavorare onestamente.
Ma occorre anche dare alla vittima la possibilità di ricominciare a vivere.
I mobbizzati si trovano in condizioni psicologiche analoghe ai sopravvissuti di un "lager"; sanno di essere soli e impotenti, di essere considerati inutili, sono persone sfiduciate nei confronti del loro prossimo, rimasto sordo ad ogni richiesta di "aiuto", sono esseri umani che vanno aiutati a reinserirsi in un ambiente lavorativo accogliente e stimolante, che non dia spazio a coloro che non danno alcun valore alla dignità umana.
La Giustizia DEVE preoccuparsi di ricostruire la loro professionalità, di riqualificare la loro immagine e di riparare tutti i danni esistenziali provocati loro anche al di fuori del contesto lavorativo.
Le vittime degli abusi di potere reclamano giustizia hanno ferite invisibili, a loro spetta almeno il riconoscimento dei diritti fondamentali dell' essere umano...libertà di esprimere sempre e in ogni dove il proprio pensiero politico ed avere la dignità di essere umano sul luogo di lavoro e nelle mansioni da svolgere.
Questo non dovrebbe mai essere un manifesto politico ma la presa di coscienza di un vivere sano e civile.

Michele

domenica 23 novembre 2008

Commissione d'accesso al comune di Lauro reazioni/2


La notizia della nomina di una Commissione di accesso al Comune di Lauro, non giunge inattesa, in considerazione delle vaste e penetranti indagini svolte dalla DDA di Napoli e dal P.M. dr.ssa Troncone che proprio nei giorni scorsi aveva parlato di gravi condizionamenti da parte della criminalità organizzata sui nostri enti locali. Purtroppo l’inchiesta dopo Pago ha investito anche Lauro che una volta era faro di civiltà, mentre ora sta divenendo un esempio di pessima gestione della cosa pubblica, per come vengono gestiti settori vitali dell’amministrazione locale ad iniziare dall’urbanistica e degli appalti pubblici che ben avrebbero potuto essere al centro degli appetiti dei clan. A ciò si sommano anche le gravi problematiche come la gestione finanziaria e quella del personale, affrontata con gravissime irregolarità. Sarebbero auspicabili gesti ed iniziative di grande responsabilità da parte del sindaco e della giunta. Finora però abbiamo assistito ad una gestione meramente strumentale dei pubblici poteri. Ed anche in questo frangente pare che il sindaco, piuttosto che preoccuparsi della gravità della situazione, abbia pensato di sanzionare l’assessore dr.Trione, revocandogli la delega dopo che si era astenuto nella delibera sulla mobilità proponendo un contratto di solidarietà tra i dipendenti.
Pasquale Colucci

Commissione di accesso al comune di Lauro, le reazioni/1


La nomina della Commissione d’accesso al Comune di Lauro, disposta dalla prefettura di Avellino non ci lascia sgomenti e impreparati. Ormai da tempo che questo movimento aveva denunciato le storture della macchina amministrativa lauretana. Unitamente ad alcuni esponenti della società civile lauretana avevamo denunciato le presunte illegalità nelle pratiche amministrative, le irregolarità in ambito finanziario e della gestione del personale, avevamo denunciato la crescente cementificazione,settore produttivo per i clan. Già con le interrogazioni dell’onorevole Auriscchio avevamo portato alla ribalta le situazioni gravi e preoccupanti del nostro ente, e ultimamente durante il seminario provinciale del nostro movimento dedicato a questi temi forte era stata la denuncia e il grido di dolore lanciato dal consigliere di minoranza Pasquale Colucci. Non ci hanno fermato le intimidazioni, non ci hanno fermato le querele, non ci hanno fermato gli innumerevoli insulti volgari e violenti di qualche politicante durante i consigli comunali, oggi chiediamo a gran voce che la politica, la magistratura, le istituzioni facciano la loro parte per risollevare la nostra zona. Adesso non serve attendere le conclusioni della Commissione ma rimboccarci le maniche e lavorare ad una vera alternativa a questa gestione scellerata della cosa pubblica. La moralità deve essere recuperata in tutta la nostra valle,. Sinistra Democratica fa appello a tutte le forze sane del territorio affinchè si avii una grande campagna di mobilitazione, di impegno per rialzare la testa, riprenderci il nostro territorio, la nostra vita.

Le decisioni della prefettura


Vallo di Lauro sotto la lente di ingrandimento del Ministero dell’Interno. Il rischio di infiltrazioni camorristiche nella gestione della cosa pubblica ha determinato, nel giro di un paio di mesi, la nomina di due commissioni di accesso, prima a Pago del Vallo di Lauro, nei giorni scorsi a Lauro. In quest’ultimo comune la commissione sarà composta dal viceprefetto Mario La Montagna, dal funzionario della prefettura di Napoli Salvatore Carli, dal dirigente del commissariato di polizia di Lauro Raffaele Monda, dal tenente colonnello della guardia di finanza di Avellino Maurizio Guarino, dal tenente della Compagnia di Baiano Rosario Basile, dal funzionario del provveditorato alle opere pubbliche Gennaro D’Onofrio. Questi dovranno, nei prossimi 60 giorni, verificare e valutare la documentazione amministrativa prodotta dagli uffici comunali, ed infine stilare una relazione conclusiva. Nel caso dovessero trapelare elementi di fondato sospetto, si andrebbe allo scioglimento per infiltrazione camorristica. Per Pago la relazione conclusiva sarà stilata già a dicembre. Per Lauro, il provvedimento della prefettura autorizzata dal Ministero dell’Interno con decreto, arriva in un periodo di forte tensione per l’amministrazione comunale, già alle prese con la spinosa vicenda della mobilità di sei dipendenti comunali e con l’assurdo episodio dell’aggressione all’ex vicesindaco ed attuale presidente del consiglio comunale Antonio Bossone da parte di un dipendente. Ora la commissione d’accesso, che segue le dichiarazioni rese dal pubblico ministero Troncone, magistrato da giovedì in servizio alla procura di Nola come procuratore aggiunto, sul pericolo di influenza dei clan nella gestione delle attività pubbliche. Sicuramente le dichiarazioni del magistrato, da anni impegnata sul campo nella lotta ai clan lauretani, mettono in luce la particolare condizione del Vallo di Lauro, i cui comuni hanno subito e forse tuttora subiscono l’ammorbante influenza dei Cava e dei Graziano. Quindici fu il primo comune d’Italia ad essere sciolto per camorra nel 1983 da Pertini; poi fu sciolto ancora nel 1985, nel 1993 e nel 2002. Pago assistette allo scioglimento anticipato per camorra nel 1993. Ora il Ministero dell’Interno invia due commissioni d’accesso, che confermano come l’efficace e costante opera di contrasto ai clan, che partendo dalle inchieste della procura di Avellino ha portato a decimare Cava e Graziano con arresti e sequestri, viene ora supportata da una indagine a 360 gradi anche sulla amministrazione delle comunità lauretane.

lunedì 20 ottobre 2008

Idee d'Irpinia : Legalità e questione morale l'intervento di Pasquale Colucci

Legalità e questione morale non sono due concetti, non sono due questioni, ma solo due aspetti della stessa questione. Chi si occupa del bene comune in quanto funzionario o in quanto politico ma anche il semplice cittadino, ha, nel suo agire quotidiano, due possibilità: o assumere la legalità, il rispetto delle regole come proprio principio ispiratore, oppure avere come proprio unico imperativo quello della realizzazione del proprio interesse, al di là ed al di fuori di ogni regola. E pare del tutto ovvio che porre come fondamentale principio quello di perseguire i propri interessi indipendentemente dalle regole, costituisce l’abiura di ogni principio morale.
Ma per comprendere bene e da vicino perché, per la questione legalità, per la questione morale, l’Irpinia sia ad un bivio, appare significativo illustrare la situazione del Vallo di Lauro, una delle aree marginali di questa provincia che pur vantando nobili passati ed importanti tradizioni culturali è divenuta purtroppo tristemente famosa per la presenza pervasiva della criminalità organizzata. Si potrà così capire com’è articolata, come si alimenta, quali effetti produce la situazione tale presenza.
Gli esordi: sembrava quasi una vicenda folkloristica, con ricercatori venuti dal nord Europa a studiare il caso di questa famiglia stretta intorno ai suoi capi ad amministrare un paese e ad imporre le propri leggi a tutta una comunità.
Il passaggio da una dimensione paesana a vera e propria holding ma soprattutto l’origine dei cruenti scontri significativamente coincide con l’arrivo dei fondi per la ricostruzione e gli interventi per il fabbisogno abitativo del post-sisma. Fu allora, a metà degli anni ’80 che scoppiò la prima guerra di camorra tra i clan Graziano e Cava nel Vallo di Lauro, costringendo il presidente della Repubblica Sandro Pertini al ricorso per la prima volta allo strumento dello scioglimento dell’amministrazione civica, evento poi purtroppo ripetutosi diverse volte. Già all’epoca Quindici era una singolarità assoluta a livello nazionale che non si registrava neppure nella Sicilia dei Liggio e dei Riina; neppure a Corleone infatti il capo del clan era anche il capo dell’amministrazione comunale come era Raffaele Graziano. Ma c’era una ragione che giustificava quella particolarità ed erano appunto i fondi che l’ente pubblico amministrava. I nostri enti pubblici sono tuttora le maggiori aziende che insistono sul territorio per fondi, interessi e personale amministrati.
E di fatti la storia si ripete, allorquando arrivano i fondi per la messa in sicurezza del territorio a seguito dell’emergenza frane del 1998.
E’ questa grande disponibilità di fondi pubblici che ovviamente stimola gli appetiti dei clan. Bisogna infatti pensare che solo per i primi interventi di messa in sicurezza del territorio del comune di Quindici furono messi in bilancio dal Commissariato Straordinario per l’emergenza frane qualcosa come 100 miliardi di vecchie lire, circa 50 milioni di correnti €uro
Ma ovviamente la criminalità non si accontenta di attendere i grandi eventi che possono portare grandi profitti.
Ed infatti cerca di guadagnare anche attraverso attività per così dire più tradizionali ed ordinarie in primo luogo le estorsioni che sono concentrate per lo più sull’unico settore per così dire produttivo che ha fatto registrare una certa espansione, quello dell’edilizia. Ed infatti se si fa una passeggiata nel Vallo di Lauro con un minimo di spirito di attenzione si comprende che la SS 403, un tempo arteria di collegamento del Vallo di Lauro con la terra di Principato Ultra, nel suo tratto di valle è diventata una strada urbana con edifici che sorgono a destra e sinistra, dove i tratti rimasti inedificati sono pochissimi. Non a caso qui l’edificazione è avvenuta al di fuori di ogni puntuale pianificazione urbanistica. Sembra che all’inizio i clan avessero addirittura sperimentato un sistema per tenere sotto controllo questo particolare settore, approntando una postazione a margine della strada dalla quale conteggiavano tutti gli autocarri e le betoniere che transitavano nel Vallo, imponendo un pizzo per ogni carico di cemento che scaricavano. Ma era solo un modo, perché non è mancato il ricorso al più tradizionale sistema del pizzo sul cantiere.
Ed è un sistema che ha fruttato, e molto anche. Ricordo che quando ero consigliere provinciale e pensammo di proporre anche un’alternativa sociale a Quindici, allestendo il patto con Rimini, un esponente del clan Graziano avvicinò il nostro presidente dicendogli: “presidente, voi a Rimini ci andate adesso, noi abbiamo investito lì da anni”. Avevano già all’epoca, oltre dieci anni orsono, rastrellato tanto danaro da estorsioni ed altre attività illecite da riciclarlo anche a Rimini.
Insomma, un’attività altamente redditizia, che porta importanti profitti. E se è questa la situazione ancor meglio si comprende come il praticare l’illegalità, il superare senza tentennamenti i limiti fissati dalle regole, costituisce una scelta che ti garantisce vantaggi altrimenti insperati. Ed è questo ciò che oggi maggiormente deve preoccupare. Perché il sistema dell’illegalità quando non è efficacemente contrastato e quando produce i risultati utili a chi lo pratica, genera facilmente emulazioni in tutta la società E’ una condotta che proprio perché “premia” e proprio in quanto non efficacemente contrastata ha fatto i suoi proseliti anche in altri settori.
Ad esempio quello dell’infortunistica stradale. Non è più un mistero per nessuno che presso l’Ufficio del Giudice di Pace di Lauro vengono introdotti ogni anno centinaia e centinaia di processi aventi ad oggetto sinistri stradali per gran parte dei quali è addirittura gioco forza immaginarne la non veridicità, se si tiene conto di quanti sono gli abitanti e quante le auto in giro, quanti sono i veri incidenti ufficialmente registrati presso vigili urbani e forze dell’ordine.
Se si vuole passare ad un altro settore, quello della pubblica amministrazione, anche qui ci si trova di fronte in alcuni casi all’illegalità adottata a sistema, in qualche ipotesi addirittura teorizzata.
Tanto per restare alla questione urbanistica accennata prima e far parlare i fatti: i tre comuni che si trovano lungo la strada statale 403 sono quelli dove si è costruito di più ma che sono maggiormente in ritardo nell’adozione degli strumenti urbanistici. A Lauro addirittura manca sinanche l’approvazione del PUC; lo strumento urbanistico vigente è il Programma di Fabbricazione entrato in vigore nel 1977. Vari e variamente elaborate sono state le bozze di nuovo strumento urbanistico adottate nell’arco di questi oltre trent’anni, ma nessuna è andata in porto. Ed il perché è presto detto: gli amministratori hanno teorizzato l’illegalità anche da questo punto di vista. Se c’è uno strumento urbanistico efficace e vigente ciascuno sa dove e come può costruire e non c’è bisogno di chiedere favori al politico di turno. Ma se al cittadino riconosci senza problemi ciò che è in suo diritto, perché dovrebbe esserti riconoscente? Se invece, ti adoperi per fargli ottenere qualcosa che non gli spetterebbe, soprattutto se gli fai capire che tu amministratore ti esponi per lui cittadino, anche a costo di oltrepassare la soglia della legalità, allora il cittadino ti sarà riconoscente e ti assicurerà il suo consenso. E’ quello che è avvenuto anche nel campo edilizio-urbanistico a Lauro dove, nonostante questa situazione di mancata pianificazione si è costruito quanto previsto ed anzi più di quanto previsto dalle bozze di strumento urbanistico adottato. Ricordo che una delle prime bozze adottate sul finire degli anni ’80 inizio anni ’90 prevedeva un incremento della popolazione residente, all’epoca 3.800 abitanti, di quasi il 45%, con un dimensionamento del fabbisogno abitativo previsto dal PRG dell’epoca a circa 5.400 abitanti. Ebbene oggi tutte le aree previste come edificabili sono state pressocchè tutte edificate. Ma se andate a verificare qual è la consistenza demografica di Lauro vi accorgerete che essa non solo non è aumentata agli iperbolici 5.400 abitanti ma è addirittura diminuita a 3650.
E pur tuttavia si continua a rilasciare permessi a costruire. Solo nel periodo antecedente l’ultima consultazione elettorale di Lauro sono stati rilasciati 34 permessi a costruire: anche qui la coincidenza temporale è strana. Non credo che ci sia bisogno di far alcun commento, basterà riferire un altro aspetto gravissimo che purtroppo non ha avuto la dovuta eco nei mass media non dico nazionali o regionali ma almeno provinciali. Il contesto normativo di riferimento è quello precedente l’ultima modifica della legge urbanistica regionale che, a parere mio, in ossequio ad un malinteso principio di federalismo ed autonomia locale, ha privato di ogni cogenza i termini e le modalità per l’adozione degli strumenti urbanistici da parte dei comuni. Prima, quando ancora erano previsti i commissariamenti, il comune di Lauro venne commissariato per l’adozione del PRG e venne anche nominato un primo commissario dall’amministrazione provinciale preposta ai controlli il quale, senza ultimare completamente il suo mandato, si dimise; un secondo commissario venne nominato poi in sostituzione dal Prefetto. Ma anche questo misteriosamente dimessosi. Nulla si sa del perché.
Orbene, se questo è il quadro di riferimento allora non deve meravigliare quanto è successo di recente a Pago del Vallo di Lauro, un comune peraltro già sciolto negli anni novanta per infiltrazione camorrista, per una storia di documenti di identità ritrovati a dei camorristi. Per un paese e per una classe politica che avesse deciso di cambiare rotta, la cosa più doverosa da fare era quella di gestire nella massima trasparenza la cosa pubblica ed uno dei settori più delicati per un comune, quello della pianificazione urbanistica. Si è andati in direzione opposta. Anche senza volerci addentrare in questioni più specificatamente tecniche, ma limitarci a questione di più immediata percezione per la pubblica opinione, per la cittadinanza di Pago e del Vallo, basterà dire che vedere il boss Cava che senza l’approvazione di un strumento urbanistico riesce a realizzarsi una casa delle dimensioni di quelle viste, è circostanza che non passa inosservata. Ci fa capire come il potere dei boss è tale anche sulla pubblica amministrazione da riuscire ad ottenere ciò che normalmente non sarebbe consentito ed al contempo di ostentare potenza e ricchezza, insomma di essere i veri padroni del Vallo.
Ma il settore della pubblica amministrazione ci consegna anche episodi peggiori, per qualcuno dei quali è pure intervenuta qualche pronuncia giudiziaria. Come quello dell’ ex sindaco di Lauro condannato per diffamazione e minacce nei confronti di una dipendente. La vicenda, per quanto hanno sentito le mie orecchie, è questa: l’ex primo cittadino dal palco del comizio delle penultime elezioni senza giri di parole minacciò alcuni dipendenti notoriamente non schierati con la sua lista, disse loro che avevano le ore contate. Poi si passò dalle parole ai fatti. Poco tempo dopo infatti la sua amministrazione pose in mobilità alcuni dipendenti con provvedimenti che già i giudici in sede civile hanno bocciato. Ora anche il magistrato in sede penale ha sanzionato l’illecito comportamento.
Come si comprende dunque la prepotenza, al di fuori di ogni regola, assurta a sistema di governo di un territorio e della sua comunità.
Ma come vanno interpretate tali situazioni e soprattutto come va fronteggiato, l’espandersi del fenomeno criminale?
Innanzi tutto bisogna comprenderne esattamente la portata che non è più limitata a qualche diecina di persone, appartenenti tutti alla stessa famiglia. Per questo si deve tener conto che solo le due ultime operazioni direzione distrettuale antimafia della hanno interessato qualcosa come oltre 70 persone dei due clan. Inoltre proprio queste operazioni ci hanno confermato quanto già da un po’ di tempo si sapeva, e cioè che i clan che hanno le loro radici a Quindici hanno esteso la loro influenza a tutto il territorio del Vallo ed anche al capoluogo e ad una parte importante dell’Irpinia. Non solo come zona di espansione per la loro attività, ma anche area dove accrescere le fila dei loro affiliati e fiancheggiatori. Sembrerebbe quasi superfluo dirlo, ma è assolutamente fuori luogo pensare che la questione legalità e la questione criminalità sia un fatto che interessa solo una piccola parte del territorio regionale e provinciale. E’ concetto noto che la criminalità è come una ferita che non curata si estende a tutto il corpo. Oppure, se si vuole, è una mala pianta che se non estirpata diventa infestante. Può esistere una politica per l’Italia che prescinde dalla questione mafia o camorra? E allora come si può pensare che se ne possa prescindere a livello regionale o a livello provinciale?
Ma l’incancrenirsi della situazione e l’indifferenza di tanta parte della cittadinanza e dei loro esponenti politico-istituzionali stanno determinando anche altre conseguenze. Le persone si rintanano sempre più nel proprio particolare, i soggetti migliori si allontanano dall’impegno pubblico, chi può scappa via dalle nostre zone. A Lauro e nel Vallo registriamo una spiccata tendenza all’emigrazione che riguarda due categorie significative di persone: quelle che avevano scelto Lauro ed il Vallo per viverci per la mitezza del clima, per la bellezza del contesto paesaggistico e che adesso vedono invece che la qualità della vita sta peggiorando enormemente; ed i giovani che vanno a cercare fortuna fuori, sempre più spesso per non fare più ritorno. Si ripresenta e non certo sono io il primo a dirlo, il fenomeno dell’emigrazione di massa.
Ma vi è anche un altro aspetto intimamente connesso a quello che stiamo trattando e sul quale anche vi è ampia letteratura, quello dello sviluppo. Da sempre è risaputo che nelle zone ad alta presenza criminale non vi è sviluppo. Perché le imprese vanno ad investire dove hanno condizioni minime di sicurezza, dove non devono pagare il pizzo a nessuno, dove c’è possibilità di svolgere attività senza essere minacciati o vessati. Ebbene, nel Vallo di Lauro e credo un po’ in tutta la regione Campania, con qualche rara e labile eccezione, la tendenza è quella a disinvestire.
Tanto per comprendere qual’è la situazione, secondo una statistica pubblicata qualche mese fa e relativa all’ammontare del valore aggiunto prodotto per ciascun abitante, Lauro si trova agli ultimi posti nella classifica regionale. Ciò vuol dire che come attività produttive attive sul territorio siamo il fanalino di coda di tutta la regione. E se vogliamo far riferimento ad un altro elemento che sembrerebbe di più diretta ed immediata percezione basterà ricordare che è stato completato da oramai 3 anni il Piano per Insediamenti Produttivi ma nessuna impresa vi si è ancora insediata. Tanto che l’amministrazione comunale di Lauro ha concesso uno dei lotti per la realizzazione del centro per la protezione civile e forse farà sorgere un impianto fotovoltaico per la produzione dell’energia elettrica in altro lotto.
Ma cosa ci dice tutto ciò? Ci dice che non basta lo sforzo della sola magistratura o della polizia ovvero della amministrazione, ma occorre che vi sia uno sforzo sinergico. A partire dalla categoria di soggetti più importanti e direttamente coinvolti, noi cittadini che dobbiamo imparare a pretendere il rispetto delle regole dall’agire quotidiano, come il circolare con i caschi sui motorini o il non abbandonare i rifiuti per strada. Ed è qui che si innescano riflessioni su altre profonde diversità, diversità culturali che almeno in parte hanno origini ancestrali. E mi riferisco alla mancanza di senso di appartenenza ad una comunità, di senso di appartenenza ad uno stato, alla mancanza della coscienza del pubblico. Ed in effetti è facile riflettere che chi abbandona il rifiuto per strada, magari la stessa strada che percorre tutti i giorni e che conduce alla sua abitazione, non ha nessuna cultura del pubblico in quanto è come se dicesse: non è proprietà mia, cosa me ne frega di imbrattarla? E’ lo stesso atteggiamento di chi, essendo stato testimone di un delitto, interrogato dice: non lo, non sono fatti miei.
E’ questa cultura che occorre combattere, costruire il senso della comunità e dello stato, capendo esso è l’unico riferimento per esseri naturalmente sociali come noi esseri umani. Certo non è facile in un contesto nel quale mai nessuno si è esposto denunciando il pizzo o anche più semplicemente adempiendo al proprio dovere di testimoniare in un processo di camorra.
Nonostante tutte queste difficoltà credo che però il momento può essere oggi quello giusto: non solo vi è un’attenzione importante dell’opinione pubblica e di importanti organi dello Stato, come dimostrano le operazioni di polizia ripetutamente portate a segno nella Regione e le vicende delle terre dei casalesi e se voglaimo anche la vicenda di Saviano l’autore del fortunato best-seller “Gomorra”. Ma più in particolare nella nostra provincia nel nostro Vallo, viviamo un momento che conosce pochi, anzi nessun precedente.
Quasi tutti i maggiori esponenti dei clan, tranne forse uno, sono assicurati alle patrie galere.
Quindi potrebbe essere il momento in cui -in assoluto- si deve avere meno paura. E’ il caso dunque che chi ha subito estorsioni, minacce ricatti o comunque è in condizione di dare un contributo al lavoro degli organi dello stato lo faccia. Sapendo che pure essi hanno bisogno della presenza e della vigilanza dei cittadini, in modo da sentirsi impegnati in uno sforzo sinergico per un unico obiettivo. Così si potranno anche ridurre le possibilità che succedano casi come quello venuto a galla nei giorni scorsi, di contributi concessi in base alla legge per gli aiuti alle vittime della criminalità organizzata e ma andati a finire invece a parenti stretti degli stessi boss. Magari è stato solo un errore, però, se si effettuano controlli più ferrei e se ad effettuare i controlli più delicati in zona non sono proprio funzionari della zona stessa è più facile che le azioni di contrasto abbiano miglior esito e che non si dia luogo ad episodi come quelli che riguardava proprio la famiglia Graziano. Normalmente non è facile, anche per la ferocia che usano, contrastare i camorristi: di certo non lo possono fare meglio agenti e funzionari della stessa zona con i quali a volte ci sono rapporti di parentela o comunque di contiguità.
In realtà dobbiamo farlo tutti, sapendo che non esiste un’altra vita dignitosa e possibile in una terra insieme a camorristi: abbiamo appreso che non solo limitano la tua libertà, ti privano della tua voglia di vivere, ma in realtà ti tolgono la vita. E non solo come successe, tra i tanti, anche a Nunziante Scibelli trovatosi su una strada del Vallo nel momento sbagliato, ma anche giorno dopo giorno, seminando il territorio di veleni, tanto per fare un esempio.
Avevo già rivolto un appello qualche mese fa ai miei concittadini, alle autorità del Vallo, per approfittare del momento propizio della controffensiva di questo ultimi tempi da parte dello Stato che sta dando importanti risultati. Salvo qualche rarissima eccezione non ho ricevuto risposte, ma rinnovo l’appello: dobbiamo essere tutti insieme a rialzare la testa, a riprenderci il nostro territorio, la nostra vita. Ma dobbiamo essere tutti insieme.

sabato 20 settembre 2008

La raccolta che non c'è




Nei giorni scorsi è stato presentato alla stampa il rapporto di Legambiente Campania sui comuni ricicloni della nostra regione . Una vera e propria doccia fredda per il nostro paese, per le politiche ambientali tanto annunciate e pubblicizzate ma mai applicate. Il quadro per il Vallo tutto è desolante ma ciò che spicca è la posizione quasi in coda del nostro paese. Al di là degli annunci, delle reclame nei consigli comunali, dei capitan Eco distribuiti nel paese, il dato del nostro Comune è dell’8,9% ben al di sotto del 19,3 di Marzano o del 15,4 di Pago V.L.. Nonostante gli inviti dei mesi scorsi sulla questione rifiuti la situazione non sembra migliorata. Le politiche messe in atto in questi ultimi anni hanno prodotto poco e nulla, anzi non resta che decretare l’assoluto fallimento su questi temi degli assessori che si sono succeduti. Inoltre avremmo sperato che il responsabile all’ambiente spendesse parole di solidarietà e vicinanza alle zone dell’Irpinia oggetto di scempi ambientali autorizzate dallo Stato ma ciò dimostra ancora una volta la scarsa sensibilità verso la natura e l’ecologia dei nostri amministratori. Ma accogliendo l’invito del capogruppo del partito Socialista, non vogliamo soltanto polemizzare ma intendiamo lanciare delle proposte serie e fattive, sperando che non rimangano lettera morta come avvenuto nei mesi passati . Riteniamo opportuno che non ci si fermi alla sola distribuzione dei sacchetti che appare più una trovata propagandistica che un’azione seria ma che parta da subito una campagna di sensibilizzazione nelle scuola e tra i commercianti , che si passi alla creazione di una vera e propria isola ecologica, che si avvii un piano per la diffusione del compostaggio domestico dei rifiuti organici, inoltre auspichiamo che vi sia più cura delle campane usate per la raccolta vetro oggi oberate dai sacchetti e auspichiamo che il comune aderisca alla campagna promossa dal Legambiente “Il Rifiuto Fiorisce”.