Sinistra democratica per il Socialismo Europeo è un movimento politico organizzato che si richiama agli ideali del socialismo e alle tradizioni culturali della sinistra che hanno contribuito alla fondazione della Repubblica democratica. L'obiettivo di avviare un ampio processo unitario, che in prospettiva coinvolga tutta la sinistra italiana nella costruzione di una nuova più grande forza politica, costituisce la ragion d'essere del movimento.

lunedì 20 ottobre 2008

Idee d'Irpinia : Legalità e questione morale l'intervento di Pasquale Colucci

Legalità e questione morale non sono due concetti, non sono due questioni, ma solo due aspetti della stessa questione. Chi si occupa del bene comune in quanto funzionario o in quanto politico ma anche il semplice cittadino, ha, nel suo agire quotidiano, due possibilità: o assumere la legalità, il rispetto delle regole come proprio principio ispiratore, oppure avere come proprio unico imperativo quello della realizzazione del proprio interesse, al di là ed al di fuori di ogni regola. E pare del tutto ovvio che porre come fondamentale principio quello di perseguire i propri interessi indipendentemente dalle regole, costituisce l’abiura di ogni principio morale.
Ma per comprendere bene e da vicino perché, per la questione legalità, per la questione morale, l’Irpinia sia ad un bivio, appare significativo illustrare la situazione del Vallo di Lauro, una delle aree marginali di questa provincia che pur vantando nobili passati ed importanti tradizioni culturali è divenuta purtroppo tristemente famosa per la presenza pervasiva della criminalità organizzata. Si potrà così capire com’è articolata, come si alimenta, quali effetti produce la situazione tale presenza.
Gli esordi: sembrava quasi una vicenda folkloristica, con ricercatori venuti dal nord Europa a studiare il caso di questa famiglia stretta intorno ai suoi capi ad amministrare un paese e ad imporre le propri leggi a tutta una comunità.
Il passaggio da una dimensione paesana a vera e propria holding ma soprattutto l’origine dei cruenti scontri significativamente coincide con l’arrivo dei fondi per la ricostruzione e gli interventi per il fabbisogno abitativo del post-sisma. Fu allora, a metà degli anni ’80 che scoppiò la prima guerra di camorra tra i clan Graziano e Cava nel Vallo di Lauro, costringendo il presidente della Repubblica Sandro Pertini al ricorso per la prima volta allo strumento dello scioglimento dell’amministrazione civica, evento poi purtroppo ripetutosi diverse volte. Già all’epoca Quindici era una singolarità assoluta a livello nazionale che non si registrava neppure nella Sicilia dei Liggio e dei Riina; neppure a Corleone infatti il capo del clan era anche il capo dell’amministrazione comunale come era Raffaele Graziano. Ma c’era una ragione che giustificava quella particolarità ed erano appunto i fondi che l’ente pubblico amministrava. I nostri enti pubblici sono tuttora le maggiori aziende che insistono sul territorio per fondi, interessi e personale amministrati.
E di fatti la storia si ripete, allorquando arrivano i fondi per la messa in sicurezza del territorio a seguito dell’emergenza frane del 1998.
E’ questa grande disponibilità di fondi pubblici che ovviamente stimola gli appetiti dei clan. Bisogna infatti pensare che solo per i primi interventi di messa in sicurezza del territorio del comune di Quindici furono messi in bilancio dal Commissariato Straordinario per l’emergenza frane qualcosa come 100 miliardi di vecchie lire, circa 50 milioni di correnti €uro
Ma ovviamente la criminalità non si accontenta di attendere i grandi eventi che possono portare grandi profitti.
Ed infatti cerca di guadagnare anche attraverso attività per così dire più tradizionali ed ordinarie in primo luogo le estorsioni che sono concentrate per lo più sull’unico settore per così dire produttivo che ha fatto registrare una certa espansione, quello dell’edilizia. Ed infatti se si fa una passeggiata nel Vallo di Lauro con un minimo di spirito di attenzione si comprende che la SS 403, un tempo arteria di collegamento del Vallo di Lauro con la terra di Principato Ultra, nel suo tratto di valle è diventata una strada urbana con edifici che sorgono a destra e sinistra, dove i tratti rimasti inedificati sono pochissimi. Non a caso qui l’edificazione è avvenuta al di fuori di ogni puntuale pianificazione urbanistica. Sembra che all’inizio i clan avessero addirittura sperimentato un sistema per tenere sotto controllo questo particolare settore, approntando una postazione a margine della strada dalla quale conteggiavano tutti gli autocarri e le betoniere che transitavano nel Vallo, imponendo un pizzo per ogni carico di cemento che scaricavano. Ma era solo un modo, perché non è mancato il ricorso al più tradizionale sistema del pizzo sul cantiere.
Ed è un sistema che ha fruttato, e molto anche. Ricordo che quando ero consigliere provinciale e pensammo di proporre anche un’alternativa sociale a Quindici, allestendo il patto con Rimini, un esponente del clan Graziano avvicinò il nostro presidente dicendogli: “presidente, voi a Rimini ci andate adesso, noi abbiamo investito lì da anni”. Avevano già all’epoca, oltre dieci anni orsono, rastrellato tanto danaro da estorsioni ed altre attività illecite da riciclarlo anche a Rimini.
Insomma, un’attività altamente redditizia, che porta importanti profitti. E se è questa la situazione ancor meglio si comprende come il praticare l’illegalità, il superare senza tentennamenti i limiti fissati dalle regole, costituisce una scelta che ti garantisce vantaggi altrimenti insperati. Ed è questo ciò che oggi maggiormente deve preoccupare. Perché il sistema dell’illegalità quando non è efficacemente contrastato e quando produce i risultati utili a chi lo pratica, genera facilmente emulazioni in tutta la società E’ una condotta che proprio perché “premia” e proprio in quanto non efficacemente contrastata ha fatto i suoi proseliti anche in altri settori.
Ad esempio quello dell’infortunistica stradale. Non è più un mistero per nessuno che presso l’Ufficio del Giudice di Pace di Lauro vengono introdotti ogni anno centinaia e centinaia di processi aventi ad oggetto sinistri stradali per gran parte dei quali è addirittura gioco forza immaginarne la non veridicità, se si tiene conto di quanti sono gli abitanti e quante le auto in giro, quanti sono i veri incidenti ufficialmente registrati presso vigili urbani e forze dell’ordine.
Se si vuole passare ad un altro settore, quello della pubblica amministrazione, anche qui ci si trova di fronte in alcuni casi all’illegalità adottata a sistema, in qualche ipotesi addirittura teorizzata.
Tanto per restare alla questione urbanistica accennata prima e far parlare i fatti: i tre comuni che si trovano lungo la strada statale 403 sono quelli dove si è costruito di più ma che sono maggiormente in ritardo nell’adozione degli strumenti urbanistici. A Lauro addirittura manca sinanche l’approvazione del PUC; lo strumento urbanistico vigente è il Programma di Fabbricazione entrato in vigore nel 1977. Vari e variamente elaborate sono state le bozze di nuovo strumento urbanistico adottate nell’arco di questi oltre trent’anni, ma nessuna è andata in porto. Ed il perché è presto detto: gli amministratori hanno teorizzato l’illegalità anche da questo punto di vista. Se c’è uno strumento urbanistico efficace e vigente ciascuno sa dove e come può costruire e non c’è bisogno di chiedere favori al politico di turno. Ma se al cittadino riconosci senza problemi ciò che è in suo diritto, perché dovrebbe esserti riconoscente? Se invece, ti adoperi per fargli ottenere qualcosa che non gli spetterebbe, soprattutto se gli fai capire che tu amministratore ti esponi per lui cittadino, anche a costo di oltrepassare la soglia della legalità, allora il cittadino ti sarà riconoscente e ti assicurerà il suo consenso. E’ quello che è avvenuto anche nel campo edilizio-urbanistico a Lauro dove, nonostante questa situazione di mancata pianificazione si è costruito quanto previsto ed anzi più di quanto previsto dalle bozze di strumento urbanistico adottato. Ricordo che una delle prime bozze adottate sul finire degli anni ’80 inizio anni ’90 prevedeva un incremento della popolazione residente, all’epoca 3.800 abitanti, di quasi il 45%, con un dimensionamento del fabbisogno abitativo previsto dal PRG dell’epoca a circa 5.400 abitanti. Ebbene oggi tutte le aree previste come edificabili sono state pressocchè tutte edificate. Ma se andate a verificare qual è la consistenza demografica di Lauro vi accorgerete che essa non solo non è aumentata agli iperbolici 5.400 abitanti ma è addirittura diminuita a 3650.
E pur tuttavia si continua a rilasciare permessi a costruire. Solo nel periodo antecedente l’ultima consultazione elettorale di Lauro sono stati rilasciati 34 permessi a costruire: anche qui la coincidenza temporale è strana. Non credo che ci sia bisogno di far alcun commento, basterà riferire un altro aspetto gravissimo che purtroppo non ha avuto la dovuta eco nei mass media non dico nazionali o regionali ma almeno provinciali. Il contesto normativo di riferimento è quello precedente l’ultima modifica della legge urbanistica regionale che, a parere mio, in ossequio ad un malinteso principio di federalismo ed autonomia locale, ha privato di ogni cogenza i termini e le modalità per l’adozione degli strumenti urbanistici da parte dei comuni. Prima, quando ancora erano previsti i commissariamenti, il comune di Lauro venne commissariato per l’adozione del PRG e venne anche nominato un primo commissario dall’amministrazione provinciale preposta ai controlli il quale, senza ultimare completamente il suo mandato, si dimise; un secondo commissario venne nominato poi in sostituzione dal Prefetto. Ma anche questo misteriosamente dimessosi. Nulla si sa del perché.
Orbene, se questo è il quadro di riferimento allora non deve meravigliare quanto è successo di recente a Pago del Vallo di Lauro, un comune peraltro già sciolto negli anni novanta per infiltrazione camorrista, per una storia di documenti di identità ritrovati a dei camorristi. Per un paese e per una classe politica che avesse deciso di cambiare rotta, la cosa più doverosa da fare era quella di gestire nella massima trasparenza la cosa pubblica ed uno dei settori più delicati per un comune, quello della pianificazione urbanistica. Si è andati in direzione opposta. Anche senza volerci addentrare in questioni più specificatamente tecniche, ma limitarci a questione di più immediata percezione per la pubblica opinione, per la cittadinanza di Pago e del Vallo, basterà dire che vedere il boss Cava che senza l’approvazione di un strumento urbanistico riesce a realizzarsi una casa delle dimensioni di quelle viste, è circostanza che non passa inosservata. Ci fa capire come il potere dei boss è tale anche sulla pubblica amministrazione da riuscire ad ottenere ciò che normalmente non sarebbe consentito ed al contempo di ostentare potenza e ricchezza, insomma di essere i veri padroni del Vallo.
Ma il settore della pubblica amministrazione ci consegna anche episodi peggiori, per qualcuno dei quali è pure intervenuta qualche pronuncia giudiziaria. Come quello dell’ ex sindaco di Lauro condannato per diffamazione e minacce nei confronti di una dipendente. La vicenda, per quanto hanno sentito le mie orecchie, è questa: l’ex primo cittadino dal palco del comizio delle penultime elezioni senza giri di parole minacciò alcuni dipendenti notoriamente non schierati con la sua lista, disse loro che avevano le ore contate. Poi si passò dalle parole ai fatti. Poco tempo dopo infatti la sua amministrazione pose in mobilità alcuni dipendenti con provvedimenti che già i giudici in sede civile hanno bocciato. Ora anche il magistrato in sede penale ha sanzionato l’illecito comportamento.
Come si comprende dunque la prepotenza, al di fuori di ogni regola, assurta a sistema di governo di un territorio e della sua comunità.
Ma come vanno interpretate tali situazioni e soprattutto come va fronteggiato, l’espandersi del fenomeno criminale?
Innanzi tutto bisogna comprenderne esattamente la portata che non è più limitata a qualche diecina di persone, appartenenti tutti alla stessa famiglia. Per questo si deve tener conto che solo le due ultime operazioni direzione distrettuale antimafia della hanno interessato qualcosa come oltre 70 persone dei due clan. Inoltre proprio queste operazioni ci hanno confermato quanto già da un po’ di tempo si sapeva, e cioè che i clan che hanno le loro radici a Quindici hanno esteso la loro influenza a tutto il territorio del Vallo ed anche al capoluogo e ad una parte importante dell’Irpinia. Non solo come zona di espansione per la loro attività, ma anche area dove accrescere le fila dei loro affiliati e fiancheggiatori. Sembrerebbe quasi superfluo dirlo, ma è assolutamente fuori luogo pensare che la questione legalità e la questione criminalità sia un fatto che interessa solo una piccola parte del territorio regionale e provinciale. E’ concetto noto che la criminalità è come una ferita che non curata si estende a tutto il corpo. Oppure, se si vuole, è una mala pianta che se non estirpata diventa infestante. Può esistere una politica per l’Italia che prescinde dalla questione mafia o camorra? E allora come si può pensare che se ne possa prescindere a livello regionale o a livello provinciale?
Ma l’incancrenirsi della situazione e l’indifferenza di tanta parte della cittadinanza e dei loro esponenti politico-istituzionali stanno determinando anche altre conseguenze. Le persone si rintanano sempre più nel proprio particolare, i soggetti migliori si allontanano dall’impegno pubblico, chi può scappa via dalle nostre zone. A Lauro e nel Vallo registriamo una spiccata tendenza all’emigrazione che riguarda due categorie significative di persone: quelle che avevano scelto Lauro ed il Vallo per viverci per la mitezza del clima, per la bellezza del contesto paesaggistico e che adesso vedono invece che la qualità della vita sta peggiorando enormemente; ed i giovani che vanno a cercare fortuna fuori, sempre più spesso per non fare più ritorno. Si ripresenta e non certo sono io il primo a dirlo, il fenomeno dell’emigrazione di massa.
Ma vi è anche un altro aspetto intimamente connesso a quello che stiamo trattando e sul quale anche vi è ampia letteratura, quello dello sviluppo. Da sempre è risaputo che nelle zone ad alta presenza criminale non vi è sviluppo. Perché le imprese vanno ad investire dove hanno condizioni minime di sicurezza, dove non devono pagare il pizzo a nessuno, dove c’è possibilità di svolgere attività senza essere minacciati o vessati. Ebbene, nel Vallo di Lauro e credo un po’ in tutta la regione Campania, con qualche rara e labile eccezione, la tendenza è quella a disinvestire.
Tanto per comprendere qual’è la situazione, secondo una statistica pubblicata qualche mese fa e relativa all’ammontare del valore aggiunto prodotto per ciascun abitante, Lauro si trova agli ultimi posti nella classifica regionale. Ciò vuol dire che come attività produttive attive sul territorio siamo il fanalino di coda di tutta la regione. E se vogliamo far riferimento ad un altro elemento che sembrerebbe di più diretta ed immediata percezione basterà ricordare che è stato completato da oramai 3 anni il Piano per Insediamenti Produttivi ma nessuna impresa vi si è ancora insediata. Tanto che l’amministrazione comunale di Lauro ha concesso uno dei lotti per la realizzazione del centro per la protezione civile e forse farà sorgere un impianto fotovoltaico per la produzione dell’energia elettrica in altro lotto.
Ma cosa ci dice tutto ciò? Ci dice che non basta lo sforzo della sola magistratura o della polizia ovvero della amministrazione, ma occorre che vi sia uno sforzo sinergico. A partire dalla categoria di soggetti più importanti e direttamente coinvolti, noi cittadini che dobbiamo imparare a pretendere il rispetto delle regole dall’agire quotidiano, come il circolare con i caschi sui motorini o il non abbandonare i rifiuti per strada. Ed è qui che si innescano riflessioni su altre profonde diversità, diversità culturali che almeno in parte hanno origini ancestrali. E mi riferisco alla mancanza di senso di appartenenza ad una comunità, di senso di appartenenza ad uno stato, alla mancanza della coscienza del pubblico. Ed in effetti è facile riflettere che chi abbandona il rifiuto per strada, magari la stessa strada che percorre tutti i giorni e che conduce alla sua abitazione, non ha nessuna cultura del pubblico in quanto è come se dicesse: non è proprietà mia, cosa me ne frega di imbrattarla? E’ lo stesso atteggiamento di chi, essendo stato testimone di un delitto, interrogato dice: non lo, non sono fatti miei.
E’ questa cultura che occorre combattere, costruire il senso della comunità e dello stato, capendo esso è l’unico riferimento per esseri naturalmente sociali come noi esseri umani. Certo non è facile in un contesto nel quale mai nessuno si è esposto denunciando il pizzo o anche più semplicemente adempiendo al proprio dovere di testimoniare in un processo di camorra.
Nonostante tutte queste difficoltà credo che però il momento può essere oggi quello giusto: non solo vi è un’attenzione importante dell’opinione pubblica e di importanti organi dello Stato, come dimostrano le operazioni di polizia ripetutamente portate a segno nella Regione e le vicende delle terre dei casalesi e se voglaimo anche la vicenda di Saviano l’autore del fortunato best-seller “Gomorra”. Ma più in particolare nella nostra provincia nel nostro Vallo, viviamo un momento che conosce pochi, anzi nessun precedente.
Quasi tutti i maggiori esponenti dei clan, tranne forse uno, sono assicurati alle patrie galere.
Quindi potrebbe essere il momento in cui -in assoluto- si deve avere meno paura. E’ il caso dunque che chi ha subito estorsioni, minacce ricatti o comunque è in condizione di dare un contributo al lavoro degli organi dello stato lo faccia. Sapendo che pure essi hanno bisogno della presenza e della vigilanza dei cittadini, in modo da sentirsi impegnati in uno sforzo sinergico per un unico obiettivo. Così si potranno anche ridurre le possibilità che succedano casi come quello venuto a galla nei giorni scorsi, di contributi concessi in base alla legge per gli aiuti alle vittime della criminalità organizzata e ma andati a finire invece a parenti stretti degli stessi boss. Magari è stato solo un errore, però, se si effettuano controlli più ferrei e se ad effettuare i controlli più delicati in zona non sono proprio funzionari della zona stessa è più facile che le azioni di contrasto abbiano miglior esito e che non si dia luogo ad episodi come quelli che riguardava proprio la famiglia Graziano. Normalmente non è facile, anche per la ferocia che usano, contrastare i camorristi: di certo non lo possono fare meglio agenti e funzionari della stessa zona con i quali a volte ci sono rapporti di parentela o comunque di contiguità.
In realtà dobbiamo farlo tutti, sapendo che non esiste un’altra vita dignitosa e possibile in una terra insieme a camorristi: abbiamo appreso che non solo limitano la tua libertà, ti privano della tua voglia di vivere, ma in realtà ti tolgono la vita. E non solo come successe, tra i tanti, anche a Nunziante Scibelli trovatosi su una strada del Vallo nel momento sbagliato, ma anche giorno dopo giorno, seminando il territorio di veleni, tanto per fare un esempio.
Avevo già rivolto un appello qualche mese fa ai miei concittadini, alle autorità del Vallo, per approfittare del momento propizio della controffensiva di questo ultimi tempi da parte dello Stato che sta dando importanti risultati. Salvo qualche rarissima eccezione non ho ricevuto risposte, ma rinnovo l’appello: dobbiamo essere tutti insieme a rialzare la testa, a riprenderci il nostro territorio, la nostra vita. Ma dobbiamo essere tutti insieme.